Cosa aveva detto il rapporto di Ipsos Mori sui pericoli della percezione
Lo sentiamo dire spesso. Eppure fa parte di una delle attitudini più comuni a noi Italiani: lamentarci. Eppure non è altro che una nostra percezione. Lo ha ampiamente dimostrato un sondaggio di Ipsos Mori, uno dei più affidabili e autorevoli centri di ricerche di mercato, che nel 2017 ha pubblicato Perils of Perception (I pericoli della percezione). La ricerca, effettuata in 38 paesi del mondo, è composta da una serie di domande, le cui risposte evidenziano come il divario tra la percezione delle persone e la realtà dei fatti sia davvero enorme.
La percezione non è la realtà… le cose non vanno così male come sembra. Sono stati esaminati temi di grande rilievo, come la percezione sulla sicurezza, sull’immigrazione, sulla disoccupazione, sulla salute, e così via. I risultati sono sconcertanti.
Vediamo qualche esempio. È stato a un campione di cittadini per ciascun Paese, se pensano che il tasso di omicidi nel loro Paese sia aumentato, diminuito o se sia rimasto immutato rispetto al 2000. La stragrande maggioranza degli intervistati, nella maggior parte dei Paesi, crede che sia aumentato. In realtà, il tasso di omicidi è diminuito in media del 29%.
Ecco un altro esempio. Pensi che il tasso di omicidi causati dal terrorismo negli ultimi 15 anni (dopo l’attacco alle Torri Gemelle) sia aumentato o diminuito rispetto ai 15 anni precedenti (1985-2000)? Molte poche persone credono che le morti causate da attacchi terroristici sono diminuiti, nonostante nella maggior parte dei Paesi sia proprio questo il caso.
E ancora, su 100 carcerati nel tuo Paese, quanti pensano siano nati in un Paese straniero? 36 Paesi su 38 hanno sovrastimato la proporzione tra carcerati nati nel loro Paese e quelli immigrati, indicando una percentuale per questi ultimi molto più alta rispetto alla realtà.
Le domande continuano. E l’elenco potrebbe essere molto lungo se consideriamo anche altre autorevoli ricerche come quella fatta ogni anno da Millennium Project denominata State of the World. La ricerca elabora una ventina di macro-scenari come l’alfabetizzazione, l’accesso all’acqua potabile, il tasso di povertà, l’accesso a Internet, il numero di Paesi che hanno abolito la pena di morte, o che hanno aumentato la presenza delle donne in parlamento, il numero di conflitti armati, eccetera. Viene fatta una fotografia di come stavano le cose 20 anni fa, 10 anni, oggi, e di come saranno in proiezione tra 10 anni. La risposta è sempre la stessa:la stragrande maggioranza di questi scenari è in via di miglioramento.
Insomma… si stava davvero meglio quando si stava peggio? Forse bisognerebbe cambiare il detto in “si stava peggio quando si stava peggio”.
Questo articolo è stato pubblicato anche su AGI.it
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