Il mese di giugno di quest’anno è stato meteorologicamente piuttosto clemente e non ci ha ancora asfissiati, come è accaduto in questo periodo negli anni scorsi, con qualche torrido anticiclone africano. Almeno non ancora.
Per scrivere questo articolo ero in trepida attesa di rivedere uno di quei servizi al telegiornale con le solite immagini di repertorio (anziani che si asciugano la fronte con il fazzoletto, giovani che fanno il bagno nella fontana…) e titoli come “Caldo record” o “40 gradi percepiti a Milano”. Ogni volta mi chiedo, ma record rispetto a che?
Perché se prendiamo come riferimento l’estate del 2003, che fu molto calda, allora ci può stare. Ma se facciamo riferimento a quelle degli ultimi tre, quattro o cinque anni, di che record stiamo parlando?
Non è tanto l’uso della parola record, che sarebbe corretto, ma la mancanza di un preciso riferimento che rende il tutto molto vago. D’altra parte se questa parola magica non venisse usata, chi ascolterebbe il servizio?
Per non parlare della geniale invenzione del caldo percepito, che fino a pochi anni fa non esisteva, ovvero della percezione di caldo più umidità. Chi avrebbe altrimenti potuto titolare così un servizio citando i 40 gradi senza questa ricorrere alla fatale combinazione?
Lo stesso meccanismo vale naturalmente anche in inverno: “L’Italia nella morsa del gelo” è un titolo che potremmo definire un ever green. E’ proprio il caso di dire che le notizie sono come le stagioni. Insomma, qual è la notizia? Tutti gli inverni fa freddo, e tutte le estati fa caldo! Qual è la novità?
Il ciclo vitale delle notizie ha una sua dinamica: dallo scoop all’irrilevanza più assoluta in soli 7 giorni. Sentirete spesso parlare insistentemente dello stesso argomento per 7 giorni, in modo più o meno approfondito, circostanziato, futile, banale o banalizzato, finché la notizia non tira più e non se ne trovano altre che possano continuare a mantenere alta l’attenzione su quell’argomento. Poi, si passerà alla novità successiva, finché lo stesso ciclo non si esaurirà.
Ricordo vividamente quando, alcuni anni fa, avvenne un grave incidente ferroviario di cui ovviamente diedero notizia tutti i mezzi di comunicazione. Sono cose che purtroppo accadono, raramente per fortuna. Quella settimana i media davano notizia di un incidente ferroviario al giorno, andandolo a cercare anche dove non c’era. Se ne parlò in tutte le salse per una settimana, fino a che diedero la notizia di un gruppo di pendolari rimasti bloccati in un vagone di un treno regionale a causa di alcune porte bloccate. Ma che notizie è?
“Nuovo incidente a Milano Centrale: pendolari intrappolati in un vagone”. Ricordo ancora le immagini: i viaggiatori impazienti dietro i vetri delle porte a soffietto in attesa che qualcuno le aprisse. Ma era davvero un incidente ferroviario quello? O semplicemente un disguido?
Ovviamente il servizio diede ampio spazio alle lamentele dei passeggeri una volta scesi dal treno. A noi esseri umani piace tanto lamentarci così tanto da dare modo di creare format televisivi basati proprio sulla lamentela: Quarto Grado, Quinta Colonna, Presa Diretta, solo per citarne alcuni.
Ma questa è un’altra storia e ne parlerò in un prossimo articolo.
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Fondatore e presidente dell’Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, è impegnato sin dal 2001 per contrastare l’enorme mole di notizie negative. Ha fondato BuoneNotizie.it, testata premiata da Apple, la Presidenza della Repubblica e molti altri, e maturato esperienze in RCS e IlSole24ORE.