Medicina predittiva e preventiva: delineare oggi, con dati alla mano, un identikit dei pazienti Covid
Foto: @Alessio Guitti
Digitalizzazione, informatizzazione, intelligenza artificiale: la scienza mai come ora va a braccio con la tecnologia e il Covid-19 diventa una fonte di studio per il domani. “In tre settimane il Covid-19 ha cambiato la ricerca” ha dichiarato in una intervista al Corriere della Sera Jennifer Doudna, pioniera della tecnica per modificare le sequenze di Dna, che dirige l’Istituto di genomica dell’University of California.
Questo grazie alla digitalizzazione. La tecnologia, che sta impattando come non mai in questo momento sotto ogni punto di vista – sociale, economico e sanitario -, all’inizio ha dovuto inseguire la diffusione del virus, ma ora si sta preparando a superarlo e prevenirlo.
E proprio in ambito sanitario e di ricerca le tecnologie come l’analisi dei dati e l’intelligenza artificiale si stanno rivelando fondamentali. Dall’ottimizzazione organizzata degli ospedali e delle forniture mediche, allo studio su come il virus si diffonde, che persone colpisce più facilmente e, naturalmente, come monitorarlo e arginarlo.
Ad oggi ci sono due “documenti” a cui si punta. Da un lato la famosa “patente di immunità” e dall’altro una “carta d’identità” dei pazienti Covid, che sia in grado di aiutare la medicina ad essere sempre più predittiva e preventiva.
Stabilire come il virus agisce sulle persone e con quali conseguenze, nel caso del Covid-19 risulta moto complesso, perché i sintomi sono diversi e le cure variano da individuo a individuo. Per questo capire oggi, con i dati alla mano, se ci sono categorie di persone più a rischio, comorbidità che vanno ad influenzare, età che incide e terapie che funzionano, e perché funzionano, è basilare. E tutto ciò è già studiabile, grazie a database creati sui casi, purtroppo numerosi, di malati.
Digitalizzazione contro l’emergenza.
Tante le Università e i centri di ricerca che stanno aggregando e analizzando i dati raccolti fino ad oggi sui pazienti e collaborando tra di loro per contribuire ad un algoritmo in grado di identificare delle “tipologie”.
Uno tra data center più efficienti lo ha messo a punto la Fondazione Poliambulanza di Brescia, città tra le più colpite dal virus. Un sistema di dimensioni notevoli che racchiude ogni singolo dato riguardante l’organizzazione operativa dell’ospedale e i pazienti al loro interno.
Nato in emergenza, ora è diventato una fonte importante di dati da analizzare, nonché un progetto vero e proprio nell’organizzazione e nell’ottimizzazione dell’operatività dell’ospedale.
“Partendo dal nostro sistema di cartelle digitali – racconta Claudia Baresi, Project Leader ICT e Lean Manager – durante l’emergenza abbiamo creato una imponente sovrastruttura dove sono confluite tutte le informazioni possibili che riguardavano sia l’organizzazione dell’ospedale, con una mappa dei reparti, sia tutti coloro che accedevano in ospedale e, in caso di ricovero, tutto quello che li riguardava fino alla dimissione. Le informazioni vengono inserite direttamente a sistema dagli operatori del pronto soccorso prima, dai clinici e dai tecnici di laboratorio poi, proprio per evitare dei passaggi intermedi e ottimizzare i tempi. Si è arrivati così ad avere un’unica fonte che attingesse a tutti i dati informatizzati: cartella clinica, sistema pronto soccorso, sistema reparti, sistema terapia intensiva. Uno strumento in mano all’intera cabina di regia di crisi dell’ospedale e a tutto il personale clinico che in ogni momento può avere accesso e visibilità a tutto il sistema”.
Dai sintomi all’esito tamponi, dalle terapie utilizzate agli esami effettuati: per ogni paziente Covid si è creata una carta d’identità clinica, che comprende non solo età, peso, malattie pregresse, ma anche tutto quello che è accaduto durante il ricovero. Dati impossibili da aggregare manualmente e che, grazie a 10 anni di lavoro pregresso, hanno permesso a Poliambulanza di creare in 48 ore un sistema di questa complessità.
“Abbiamo identificato il set dei pazienti, essendo in quel momento l’ospedale al 90% Covid – spiega Baresi – e su questi abbiamo raccolto tutte le informazioni di servizio: da quando entrava a quando usciva, ogni singolo passo dell’iter in ospedale, la permanenza eventuale in terapia intensiva e la durata, la data di positivizzazione e quella di negativizzazione, l’esito degli esami di laboratorio, le terapie pregresse, quelle in corso, diagnosi d’entrata e diagnosi d’uscita e molto altro. Le informazioni sono state assemblate dal sistema che le presentava nel modo a cui serviva alle varie persone in base ai ruoli che ricoprivano, dal bed manager per la mappa dei letti al medico responsabile del reparto Covid per fare analisi dei suoi pazienti e alle terapie intensive che potevano avere, giorno per giorno, tutti i dati riguardanti i valori dei parametri vitali, la saturazione, la ventilazione,”.
Verso la medicina predittiva e preventiva.
“Tutti i nostri clinici – sottolinea Alessandro Triboldi, Direttore Generale di Poliambulanza – sono stati invitati a sfruttare questa importante base dati per fare analisi e approfondimenti che ritengono più utili: abbiamo già avuto più di 10 articoli pubblicati in riviste scientifiche in questi 30 giorni e siamo richiesti dalle altre strutture per questa casistica importante e sistematizzata. Pratica quotidiana, ricerca tradizionale e nuove tecnologie stanno lavorando in coesione per delineare l’identikit dei pazienti Covid, utile per noi e utilissimo per quei Paesi dove la pandemia è solo all’inizio”.
Sono in atto, infatti, collaborazioni con l’Università di Modena Reggio e con altri ricercatori in giro per l’Europa. Dallo score evidence based sui pazienti Covid che hanno creato i clinici del pronto soccorso di Poliambulanza sono partiti degli studi. Alcuni con i metodi di ricerca tradizionali per capire dalla clinica se si possa già, in modo predittivo, individuare l’iter che avrà il paziente; altri basati sull’intelligenza artificiale. In particolare un team scozzese ha preso il data center e lo ha dato in pasto alle sue reti neuronali per provare a dare a questo score evidence based una evidenza scientifica.
Programmi implementati.
“Fai di necessità virtù”, disse San Girolamo e, infatti, questi strumenti creati in emergenza rimarranno. La mappa dei reparti Covid si è trasformata nella mappa di un ospedale in trasformazione, dove le singole aree si intersecano all’interno di un organismo unico diviso in zone rosse, gialle e verdi per garantire sicurezza agli operatori e al pubblico.
“Prima dell’emergenza – sottolinea Triboldi – c’era diffidenza rispetto a queste tecnologie e anche sul fatto di considerare l’ospedale come un complesso unico. Oggi il tema è stato superato: è bastato vedere quale è la potenzialità di questo strumento in termini di efficienza e ottimizzazione nella prestazione nelle cure. E se si ottimizza un ospedale no profit come il nostro, significa avere più risorse da reinvestire in ricerca e sviluppo tecnologico e quindi migliori cure”.
Citando Yuval Noah Harari, autore di Sapiens, “la migliore difesa contro il virus è l’informazione”. E la condivisione dell’informazione può veramente cambiare il corso degli eventi.
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