Lo scienziato è la seconda professione ad ispirare più fiducia negli italiani. Il giornalista viene dopo il parrucchiere: “spettacolarizza ogni cosa pur di avere attenzione”.
Sulla falsa riga di un sondaggio condotto ogni anno in Danimarca, gli studenti del secondo anno del corso di laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi dell’Insubria hanno svolto un’indagine sociologica per valutare il livello di fiducia di un campione di cittadini italiani nei confronti di alcune figure professionali e istituzioni.
Il questionario, effettuato su un campione di 1.106 intervistati, era composto da tre domande: la prima riguardava la fiducia verso le “istituzioni”, la seconda la fiducia verso le professioni e l’ultima analizzava le cause dello scarso coinvolgimento dei cittadini verso l’informazione.
1. La fiducia verso le istituzioni. La “famiglia” è l’istituzione ad aver registrato di gran lunga il maggior indice di gradimento, con una percentuale dell’89% sul totale, evidenziando come gli italiani rimangano fortemente legati ai valori tradizionali.
Da segnalare la fiducia verso il Pontefice, votato in particolare dagli italiani sopra i 36 anni. Il Papa è visto come un innovatore della Chiesa, in grado di riformare una debole istituzione religiosa. Basse percentuali hanno invece ottenuto la politica e le istituzioni statali italiane, come l’INPS, il Consiglio Regionale e la figura del sindaco. Gli unici risultati leggermente positivi riguardano il Presidente della Repubblica e le istituzioni europee, ritenuti in grado di effettuare un controllo più affidabile e imparziale sugli altri enti.
2. La fiducia verso le professioni. La figura professionale che ispira maggiore fiducia è quella del medico con il 56,7% seguita da quella dello scienziato (31,9%) e del farmacista (25,6%). Per trovare la professione del giornalista dobbiamo scendere un po’, precisamente dopo quella del parrucchiere, il che non è decisamente un buon segnale…
3. Le cause dello scarso coinvolgimento dei cittadini verso l’informazione. Per quanto riguarda l’ultima domanda, i giovani under 18 ritengono che l’informazione tradizionale sia stata soppiantata dal web. Le fasce d’età più alte sottolineano l’eccessiva influenza degli editori e delle forze politiche sul lavoro delle varie testate.
A ciò si aggiunge l’insofferenza di fronte a notizie troppo spettacolarizzate e facilmente strumentalizzabili, oltre alla diffidenza verso le fonti informative considerate spesso non affidabili. Ne soffre, di conseguenza, la fiducia verso i giornalisti (8,20%). Nonostante tutto, il questionario lascia una nota di speranza: solo il 3,50% del campione è disinteressato all’informazione.
Il direttore del dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate, Fabio Conti, ha voluto sottolineare l’evoluzione dell’insegnamento nel campo della comunicazione ponendo l’accento sull’attualità della ricerca: “Spesso registriamo un dislivello tra quello che insegniamo nell’università e quello che accade e si richiede professionalmente nel mondo del lavoro. La nostra università si distingue per la qualità della preparazione dei suoi studenti grazie ad una formazione sempre legata alle esigenze della società”.
Il presidente del corso di laurea di Scienze della Comunicazione, Gianmarco Gaspari, ha valutato positivamente l’attività di ricerca: “Molto interessante il lavoro realizzato dagli studenti di Comunicazione Pubblica e Istituzionale che si sono calati nei panni di veri e propri ricercatori dimostrando come la nostra università sia in grado non solo di trasmettere contenuti ma di sperimentare e costruire nella pratica una solida professionalità nel mondo della comunicazione”.
Il sondaggio è stato effettuato su iniziativa del prof. Franz Foti, docente al corso di giornalismo del secondo anno, che ha evidenziato come dal sondaggio si evince che “non siamo più una società top-down, ma bottom-up, i consumatori vogliono trasparenza dall’informazione”.
Che sia dunque giunto il momento di fare qualcosa anche in Italia? La risposta l’hanno già data in Nord Europa e negli Stati Uniti, che dal 2008 stanno sperimentando con successo il cosiddetto giornalismo costruttivo: un nuovo approccio al modo di realizzare articoli e contenuti editoriali che analizza anche le possibili soluzioni ai problemi descritti, invece di spettacolarizzarli. Il risultato è stato il recupero dell’audience perduta in vent’anni di cattiva informazione, come testimoniano i casi di The Guardian, BBC e New York Times, solo per citare i più noti.
Un approccio in arrivo anche in Italia grazie alla nuova iniziativa dell’Associazione Buone Notizie, che è stata rinominata Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo per portare anche nel nostro Paese un programma di formazione per gli addetti ai media e una serie di eventi e iniziative per fornire al pubblico gli strumenti per conoscere l’impatto che hanno i mass-media, distinguendo l’informazione oggettiva da quella spettacolarizzata o influenzata da interessi di parte.
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Fondatore e presidente dell’Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, è impegnato sin dal 2001 per contrastare l’enorme mole di notizie negative. Ha fondato BuoneNotizie.it, testata premiata da Apple, la Presidenza della Repubblica e molti altri, e maturato esperienze in RCS e IlSole24ORE.
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