Redazione
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Il giornalismo costruttivo prende forma anche attraverso le immagini. Spesso accade che le storie migliori possono essere rappresentate dalle foto scattate dalle diverse prospettive e, soprattutto, ben raccontate. Un buon reportage di giornalismo costruttivo è efficace quanto un approfondimento o un’inchiesta ben strutturata.
Gli scatti offrono ai giornalisti, e ai lettori, una grande opportunità per conoscere il mondo e scoprire ciò che del mondo sanno. Uno scatto costruttivo può mostrare ciò che non pensavamo esistesse.
Giornalisti costruttivi, quindi, ma anche fotografi costruttivi. Lavorare a un reportage puntando alle soluzioni richiede tanta pazienza, studio e approfondimento. Si tratta di un percorso nella realtà che non è fatto solo di scatti rubati ma soprattutto di tanto lavoro di preparazione.
Mostrare ciò che non viene mostrato solitamente, ipotizzare il futuro e provare a rispondere alle esigenze di un pubblico che vuole stupirsi ma che ama agire. La fiducia è l’aspetto che non si deve mai tralasciare. Il buon giornalismo – anche fotografico – si costruisce sulla fiducia. Se questa viene a mancare la storia soffre. Anche per un reportage il giornalista deve parlare con i protagonisti, stabilire una connessione con la realtà che vuole raccontare e ricordare sempre una cosa importante: la storia appartiene a loro, occorre entrarci in punta di piedi.
Il processo è intimo. E quanto più lo è tanto più diventa efficace il lavoro fatto.
Rappresentare la realtà. Questo siamo chiamati a fare da professionisti dell’informazione. E non c’è nulla da temere in questo. È, in effetti, la parte migliore del nostro lavoro. Quella che ci entusiasma e ci conquista.
Piuttosto che cercare lo scatto perfetto che porterebbe in luce solo una realtà fittizia, meglio cogliere il click che racconta l’esistenza dell’essere umano: quelle dinamiche che rendono lo scatto meno perfetto ma più reale.
Un grande esempio di scatti costruttivi ci arriva dal fotografo internazionale pluripremiato Jan Grarup. Chiamato a realizzare reportage di guerra o in zone in stato di calamità, il professionista ha fatto una scelta: rappresentare la realtà con un invito all’azione.
Perché anche dove sembra che la speranza sia assente lei esiste comunque. E le persone devono saperlo.
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